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"PAGAIANDO NELLA CALDERA"
Raduno organizzato dalla Lega Navale di Pozzuoli
8 maggio 2011

“Lasciai quel luogo perché c’era pericolo che se mi fossi affezionato troppo al soggiorno di Bauli tutti gli altri luoghi che mi restavano da vedere non mi sarebbero piaciuti”. Quinto Aurelio Simmaco

Nella Caldera di Napoli domenica 8 maggio 2011 è stato davvero divertente pagaiare al suono dei dialetti di due città emblematicamente messe al centro dei problemi d’Italia. Sempre affascinante il confronto che viene fuori dalle pagaiate fatte in giro per l’Italia, tanto quanto quelle fatte all’estero.
Le testimonianze storiche e culturali millenarie che il territorio Campano contiene sono all’origine dell’identità e dell’indole italiana e questo non può sfuggire a chi è cittadino romano perché Roma stessa è contenitore e trasmissione di valori millenari. Se poi sommi a questo l’infallibile attrazione per il mare del sud e la passione per il kayak allora non si può davvero mancare al raduno nella Caldera.

Con questi pensieri, domenica mattina, piombo nel cuore di Pozzuoli scendendo dalla rampa della tangenziale che mi immette sulla via Campana. Lo scenario è quello fotografato dalle televisioni: immondizia che invade le carreggiate delle strade! Ma questo non fa più effetto sorpresa, seppure di rabbia e di maleodoranza. Infausto presagio per il resto dell’Italia. Proseguo determinata alla ricerca di via Fasano dove c’è la Lega Navale Italiana di Pozzuoli che organizza il primo raduno nella Caldera.
Sono nell’area di mare, che prima di quella di Ostia, rappresentò la porta dei romani verso l’Oriente. Una rampa di cemento mi proietta a livello del mare e sulla mia sinistra appare in tutto il suo splendore il Tempio di Serapide. E’ la testimonianza del fenomeno del c.d. bradisismo che da sempre ha interessato l'area flegrea. Sono evidenti le erosioni dovute agli abbassamenti ed innalzamenti del suolo circostante per mezzo dei litofagi (dal greco lithos = pietra e ghraphé = scrittura) visibili sulle colonne che indicano le progressive modifiche apportate nei secoli dalle variazioni del livello delle acque.

Finalmente sono alla Lega Navale dove conosco il responsabile del raduno: Claudio. Fino a quel momento non avevo potuto parlare che con la segreteria della Lega. Cosa che ho trovato inconsueta per un raduno di kayak, ma alla fine mi ci sono adeguata. Alle 8.00 siamo in spiaggia San Marco. Ci arrivo già indossando il mio kayak dall’adiacente pontile della Lega. La spiaggia infatti è divisa da questa dal solo edificio del mercato ittico. Incontro i compagni giunti da Roma: Antonio, Adriana, Stefano, Silvia, Dante, Matilde, Lucio, Simona. I partecipanti al raduno sono circa una quarantina. Tempo di confermare la presenza e fare un breve briefing e alle 10.30  circa siamo in acqua. Il percorso prevede le 8 miglia che comprendono il tratto marino da Pozzuoli a P.ta Pinnata e ritorno. Tratto che, seppur breve, è di intenso contenuto. Infatti si immerge, in tutti i sensi, visto che propone anche un parco archeologico sommerso, nella vasta area dei Campi Flegrei (da greco Flègo che significa “brucio”). L’Area dei Flegrei si distingue per la presenza di diversi crateri vulcanici, alcuni dei quali presentano delle manifestazioni gassose effusive o idrotermali. Tipico della zona è il fenomeno del bradisismo (dal greco "bradýs - lento" e "seismós – scossa) che provoca il sollevamento e lo sprofondamento del suolo. Relativamente lento sulla scala dei tempi umani (normalmente è nell'ordine di 1 cm per anno) ma molto veloce rispetto ai tempi geologici. E’ riconoscibile a vista lungo la riva del mare, con la progressiva emersione o sommersione di edifici, coste, territori. Strumento di rilevazione di questo fenomeno proprio le colonne del s.d. tempio di Serapide che, fino al 1983, si trovavano parzialmente sommerse dal mare, ed oggi si ritrovano al di sopra del livello del mare. Ancora più toccante la testimonianza dell’antica Baia i cui resti sono oggi visibili sotto l’acqua solcata dai nostri kayak. Il parco archeologico sommerso, oggi protetto, è delineato da enormi boe gialle. Abbiamo pagaiato sopra il parco mentre o’ professore vulcanologo canoista spiegava, dinanzi a Monte Nuovo, la caratteristica conformazione geologica della zona.

Molti dei  reperti storici della zona dei Flegrei sono custoditi nel superbo Castello Aragonese di Baia dove arriviamo intorno a mezzogiorno. Il colpo d’occhio dall’acqua è impressionante e la visita interna non delude le aspettative.  Lo visitiamo nelle vesti e nelle fattezze di pirati di mare con un abbigliamento non proprio consono a quello richiesto da una visita ad un museo! Ma questa ormai è consuetudine per un canoista! Approdiamo alla bellissima spiaggetta sottostante le mura del castello, non senza le rimostranze del gestore contrariato, nonostante gli accordi e le autorizzazioni concesse per il raduno! L’ascesa al Castello è interrotta dal grosso lucchetto che tiene chiuso il cancello lungo la ripida salita dal mare. Contrattempo superato con goliardia e conclusosi tra gli applausi verso il detentore delle chiavi. Simpatiche e preparati i ragazzi delle scuole medie ci hanno fatto da guida ed erudito di storia locale.

Scelto per notevole altezza dal mare e la forte pendenza del costone tufaceo che rendevano difficili gli attacchi via mare e via terra, il castello venne eretto nel 1400 con la funzione di fortezza. Più volte danneggiato, ha trovato, in seguito, utilizzo come prigione militare, durante la prima guerra mondiale, e come istituto per gli orfani di guerra poi. Quindi, passato alla regione e alla sovraintendenza archeologica, come museo dei Campi Flegrei. Doveroso il tributo alle superlative torte fatte a mano dalle donne locali gentilmente offerte alla fine della visita.

Il museo, la cui visita è assolutamente consigliabile, anche se non siete in kayak, ha dei manufatti di rara bellezza raccolti nella zona dei Flegrei ed offre una vista sul golfo di Pozzuoli davvero superlativa. Tutto sotto lo sguardo incessante del gigante che dorme in secondo piano, sullo sfondo: o’ Vesuvio! Non si può poi tralasciare l’azzurro incontenibile del mare e la diffusa luce riflessa che tutto rende ridente ed incantato e che, come per magia, trasporta chi osserva nella filosofia di vita partenopea.

 “Lasciai quel luogo perché c’era pericolo che se mi fossi affezionato troppo al soggiorno di Bauli tutti gli altri luoghi che mi restavano da vedere non mi sarebbero piaciuti”. Così diceva Quinto Aurelio Simmaco dell’antica Bacoli. E come dargli torto!

Dopo circa due ore di sosta, negli occhi ancora la vista del golfo dall’alto che mi inebria, riprendiamo i kayak e in breve siamo proprio davanti a Bacoli. Fondata dai romani con il nome di Bauli. Principale avamposto militare e capitale elettiva e politica della cultura e della mondanità insieme alla vicina Baia. Qui venivano a dilettarsi tra mare e otium i romani edificandovi lussuose ville e luoghi termali. Noi, seduti nei nostri kayak, seguendo le gesta dei nostri antenati, la vediamo scorrere dal mare mentre i compagni di Napoli ci indicano la tomba di Agrippina.

Dopo Bacoli l’antica Misenum, villaggio ai piedi di Capo Miseno, sorto in epoca romana, sede della flotta Pretoria dell’imperatore, ultima propaggine di terra a chiudere il golfo di Pozzuoli nonché punta estrema del golfo più ampio di Napoli.

Il raduno nella sua prima edizione non tocca Capo Miseno, con mio grande rammarico. C’è da augurarsi che lo faccia nelle prossime. I capi sul mare hanno sempre un grande fascino. Ciascuno di essi, per la sua particolare conformazione, e ognuno di loro presenta un moto ondoso sempre diverso dal resto della costa e dagli altri capi e poi sono sempre abitati da leggendari fari. Il capo è il punto in cui mentre pagai puoi ascoltare il respiro di mare.

Ci dilettiamo nei passaggi sotto roccia che caratterizzano le conformazioni davanti a Miseno. Attraversiamo il campo destinato alla coltivazione delle cozze e poi le prue volgono verso l’antico porto di Pozzuoli dove appare in tutta la sua bellezza lo sperone di tufo del Rione Terra. Agglomerato antico abbandonato e in ristrutturazione. Già abitato dal II sec. a.C. Nonostante il suo decadimento, dovuto al bradisismo ed il proliferare infestante del centro abitato moderno, mantiene ancora tutta la sua portanza. A guardarlo dal mare aperto spicca su ogni cosa la sua suggestiva presenza.

Accanto a siffatte bellezze, piene di storia e di mitiche leggende, non può non saltare all’occhio il senso di decadimento del secolo che viviamo, ma la battuta di Antonio, napoletano trapiantato a Roma, racchiude in sé tutto il segreto della terra italica, trova un nesso tra sacro profano e chiude la giornata con una risata piena di consapevolezza e di sana aspettativa:  “questa era la terra della Magna Grecia, poi c’hanno magnato i romani, i milanesi……ecc.ecc.”

Un saluto a Claudio e a tutti gli amici che hanno pagaiato al 1° raduno della Caldera, un grazie ai ragazzi che hanno egregiamente cucinato per noi sulla spiaggia di San Marco e alla Lega Navale Italiana di Pozzuoli che lo ha reso possibile senza chiedere neanche un rimborso spese ai partecipanti. A presto!

Francy

 

     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
   
     
     

 

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