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Quando le dimensioni non contano
Riflessioni canoistiche, ambientali
e sociologiche sul lago di Castel Gandolfo
3 dicembre 2017
E’ più di mezzo secolo di vita che combatto contro la dittatura dei centimetri che, nel caso della mia statura, non abbondano di certo. In queste note vorrei convincervi della bellezza, e fruibilità anche canoistica di un piccolo lago del Centro Italia, quello di Castel Gandolfo, detto anche lago Albano, che frequento regolarmente da anni e che riesce ancora ad appassionarmi.
E’ un lago di origine vulcanica, dalla forma ellittica, con coste in parte rocciose coperte di verde, digradanti bruscamente verso il pelo dell’acqua . In altri tratti, quelli più antropizzati, la linea di costa è costituita da spiagge di sabbia grossolana scura, concesse a molti lidi attrezzati per la balneabilità estiva.
Le misure sono queste: 10 km di circonferenza, larghezza 2,7 km , lunghezza 3,5 km, profondità massima 170 metri (è il lago più profondo del Lazio !). La temperatura dell’acqua varia tra gli 8 e i 19 gradi, ed il ricambio è garantito da alcune sorgenti sotterranee. Purtroppo il livello dell’acqua si è abbassato molto negli ultimi decenni, a causa principalmente dei prelievi a scopo agricolo. E’ un lago famoso, oltre che per la vicinanza con la residenza estiva dei Papi, anche per il movimento degli sport di pagaia, dal momento che è stato la sede delle gare di canoa e canottaggio delle Olimpiadi romane del 1960. Ancora oggi è sede di una bella struttura federale (FICK) per l’allenamento degli atleti e di una foresteria da poco ristrutturata.
Peccato che i canoisti turistici della capitale e dintorni, da molti anni lo snobbano: per i fluviali, troppo poco adrenalico: come alternativa al fiume preferiscono una mareggiata sul litorale; per i marini la ragione è che sarebbe troppo piccolo.
In realtà non sono molti i canoisti che nello loro abituali uscite domenicali al mare o in altri bacini lacustri, percorrono più dei 10 km del giro del lago. In ogni caso, se proprio la pagaia scalpitasse, nessuno vieta di fare due giri. Ma torniamo alla descrizione.
Le coste sono abbastanza frequentate: molti “castellani” vengono qui a correre o in mountain bike (c’è un bel sentiero che circonda il lago, di cui la metà circa è nel bosco). Ed i Romani ? Mangiano in una delle tante fraschette e passeggiano fra le bancarelle del mercatino che si organizza ogni fine settimana. Contenti loro!
Il lago è incastonato tra i Colli albani, dall’acqua si vedono gli abitati di Castel Gandolfo e Rocca di Papa. Gli altri centri abitati dei Castelli romani sono oltre i crinali boscosi. In direzione sud-est, si erge maestoso il Monte Cavo, pieno di antenne, quasi a ricordarci che ormai la nostra vita non può prescindere dalla tecnologia, anche in paesaggi che altrimenti, sarebbero da cartolina.
In preda a queste riflessioni, mi imbarco dalle rive del mio circolo, l’AISA. Presso il circolo, ma anche al Centro federale, si promuovono e si praticano anche le attività di paracanoa, con il coinvolgimento di tanti ragazzi con problemi psico-fisici di varia natura. Vedere loro che si allenano, supportati da tanti istruttori volontari, è uno stimolo a pagaiare e a farlo in compagnia e in allegria.
Inizio il giro in senso antiorario. Mi piace pagaiare più vicino possibile alla costa, anche se a volte devo deviare verso il centro per presenza di canneti , rocce affioranti e lenze di pescatori. Da queste parti incontro spesso il battello dell’Ente parco, che porta i turisti pigri a visitare anche le insenature più nascoste e i resti archeologici di epoca romana e preromana. Il lago, come le zone boscose circostanti, è compreso nel Parco Naturale dei Castelli Romani, istituito nel 1984. Quando vengo a sapere di Parchi istituiti in territori fortemente antropizzati come questo, mi chiedo sempre che senso abbia. Il senso lo ritrovo comunque nella necessità di preservare quello che ancora rimane di ambienti di particolare interesse paesaggistico, naturalistico e culturale. Continuando a pagaiare, supero il punto della costa dal quale si dirama l’emissario, costruito in epoca romana per preservare i terreni coltivati circostanti dalle piene del lago, ora invece pericolosamente diminuito di quota. Alla mia destra vedo i massi megalitici preistorici oggetto di scavi archeologici recenti e visitabili da terra accedendo ad una pizzeria. Davanti alla prua del mio kayak galleggiano fiere tranquille famigliole di anatidi, in particolare i Germani reali. Sono abituati ai canoisti, anche se quando ti avvicini troppo, scappano volando via. Alla mia sinistra si succedono le boe che delimitano i percorsi per gli allenamenti degli atleti delle giovanili della nazionale . A volte li vedo sfrecciare, con i loro K1, K2 e K4, concentrati nello sforzo, ma comunque belli, armoniosi e silenziosi. Sembrano adolescenti così diversi da come li descrivono i media. Sarà lo sport che li fa diversi o hanno scelto questo sport perché sono diversi ? Mah, non lo saprò mai.
Siamo in pieno inverno e non mi devo preoccupare troppo dei nuotatori. Si, perché da qualche anno al lago si allenano anche i nuotatori di fondo in acque libere, come anche gli atleti del triathlon .
Per loro evidentemente il lago non è troppo piccolo.
Arrivo alla zona boscosa, quella più bella e selvaggia, della costa meridionale. Mi stupisco ogni volta di come possano esserci posti così, a così breve distanza da ristoranti rumorosi e affollati. Da sopra un masso mi guarda una tartaruga. In estate se ne vedono tante, originano da alcuni esemplari rilasciati incautamente da persone che le avevano acquistate e poi rilasciate in acqua. Pensando di fare una qualcosa di rispettoso per gli animali, in realtà si rischia di alterare pericolosamente l’equilibrio di un ecosistema.
Altra problematica di natura ecologica-sanitaria, che negli ultimi anni ha interessato il lago, è stato il botulismo. In alcune di queste spiaggette, i guardia parco trovavano spesso, nei mesi più caldi alla fine dell’estate, uccelli acquatici morti, e si era temuto si potesse trattare di patologie più preoccupanti o addirittura avvelenamenti. In realtà, quando il livello dell’acqua scende molto, specie in alcune insenature con poco ricambio d’acqua, la concentrazione di ossigeno decresce e favorisce la vegetazione di spore del botulino, che normalmente sono presenti nell’intestino delle anatre. Quando le spore germinano, producono tossine che provocano la morte degli animali più sensibili. Quindi si tratta di un fenomeno collegato alla progressiva perdita di acqua che ha interessato il lago per tanti anni. In realtà, grazie ad interventi anche piuttosto drastici, negli ultimi anni il livello ha smesso di scendere e quindi anche i focolai di botulismo aviario non si sono ripetuti.
Mentre pagaio, le mie riflessioni scientifiche favorite dal silenzio, sono interrotte da chiacchiericcio umano sopra di me. Sono i mountain bikers e i podisti che si allenano singoli o a gruppetti, sul sentiero soprastante. In effetti anche io a volte preferisco alternare la fruizione del lago dal punto di vista acquatico, a quello terrestre. Sicuramente è più facile trovare compagnia. E poi, correre tra le querce, gli olivastri, gli arbusti sbirciando, tra le foglie, l’azzurro trasparente delle acque del lago è un emozione che è difficile provare in altri posti così vicini ad una metropoli.
In alcune insenature davanti a me, vedo delle tende verdi e dei canottini vicino alla riva . Si tratta di pescatori che cercano un po' di pace, allontanandosi dalla folla. Sto istintivamente attenta: tanti anni di canoa turistica mi hanno insegnato a non irritare i pescatori passando troppo vicina alle loro lenze. In realtà riflettendo, mi viene in mente che in questo lago succede meno frequentemente di discutere per questo motivo. Molti pescatori sono immigrati dall’Est Europa, dove i laghi sono ambienti molto familiari. Qui passano spesso il fine settimana pescando e organizzando grigliate, anche a dispetto dei regolamenti del Parco.
Continuo a pagaiare e mi ritrovo sotto al convento di Palazzolo, che segnala più o meno la metà del percorso. Era un convento, ora è una residenza religiosa di formazione per stranieri. Da queste parti a volte capita di incontrare in acqua dei canoisti “turistici”, meno frequentemente gli atleti che sono troppo lontani dai centri di allenamento. La cosa strana è che tra i primi ci si ci si saluta, come quando si cammina in montagna. Con gli atleti no, sono troppo concentrati.
Da questo punto in poi, se c’è un po' di vento da nord, cosa frequente, me ne accorgo, in quanto esco dalla zona protetta. Da qui si vede di fronte la costa nordorientale, fortemente antropizzata, con i lidi in concessione, i ristoranti i pedalò ecc. Come sempre penso che il nostro sport è un privilegio: ci permette di godere in modo quasi esclusivo di scorci fantastici, anche in prossimità di insediamenti turistici molto frequentati. Continuo a pagaiare ed arrivo ad una spiaggetta dove sono parcheggiati dei dragoni. Il Dragon boat è uno degli sport più praticati al lago, dove si allenano diverse società. Le emozioni che ti dà sono complementari rispetto a quanto sto vivendo ora in solitudine: la fatica, il ritmo, la condivisione con gli altri.
Più in là, un campo di canoa polo, con 10 canoisti che se le danno di santa ragione o almeno così sembra e fanno tante di quelle evoluzioni acquatiche, che rendono questo sport simile allo slalom o alla discesa fluviale, con in più l’emozione della condivisione con i compagni. Subito dopo il campo, protetto da un canneto, c’è il villaggio delle Macine, oggetto di studio da parte della soprintendenza archeologica, come testimonianza di un abitato di pescatori dell’età del bronzo.
Faccio ancora pochi metri e mi ritrovo a passare davanti alle spiagge dei lidi, frequentate dalle famiglie venute dalla città o dai paesi circostanti. In genere passare con il kayak qui davanti, specie in inverno, suscita il massimo interesse dei bambini, che ti guardano come se passassi in astronave, ma a volte anche dei cani che abbaiano furiosamente. A volte le acque del lago in alcuni punti, diventano di un inquietante colore rossastro. Niente paura, si tratta anche in questo caso di un fenomeno del tutto naturale: è una fioritura algale, che però può essere irritante per la pelle ed infatti comporta, per alcuni giorni, il divieto di balneazione.
Questa è la parte di lago che mi piace meno, anche se riconosco che tutto questo movimento di folla costituisce per i gestori dei locali e per gli amministratori, un’appetibile fonte di reddito. Quello che continuo a non capire è la miopia anche degli imprenditori, che sembrano non voler investire in altro che non la ristorazione. Quanto spazio ci sarebbe per gli sportivi; penso a quanto ho visto in altri posti simili al nord Italia o anche all’estero: spogliatoi, docce, posti di ristoro. La fettuccina va bene, la porchetta innaffiata da vino locale anche, per carità. Ma come mai nessuno ha mai pensato ad un ciclo-caffè, con reintegratori salini e camere d’aria di ricambio, o giacche impermeabili per gli acquazzoni improvvisi ?
Continuando il giro arrivo a vedere i piloni dei pontili delle famose olimpiadi del ‘60.
E’ impressionante di quanto il livello dell’acqua si sia abbassato in cinquant’anni, almeno 4-5 metri, fatto che, dove le coste sono basse, ha comportato un avanzamento della linea di costa di diverse decine di metri con conseguente riduzione della superficie coperta dall’acqua.
Ma la cosa più impressionante la vedo subito dopo: lo scheletro della palazzina che era sede della giuria e della stampa. E’ l’unica struttura che spicca in altezza sul lungo lago: uno spettro inquietante, grigio, cadente, che sembra poter cadere da un momento all’altro e ricorda scene di guerra viste alla televisione. Anche in questo caso, mi viene naturale fare il paragone con quanto visto all’estero. Perché una struttura che non serve più, che è brutta, che nessuno vuole riqualificare, non si può demolire ? Perché gli amministratori locali, così attenti alle garanzie del commercio e della ristorazione, non si impegnano altrettanto strenuamente ad eliminare una bruttezza del loro territorio? Perché i dirigenti del Parco così attenti agli abusi edilizi anche di minima entità, o così scrupolosi nel verificare il rispetto delle norme da parte dei gestori dei lidi, non chiedono con la stessa autorevolezza, la demolizione di un rudere che compromette seriamente il paesaggio di un posto altrimenti così bello ?
Ho finito il mio giro dopo un’ora e mezza di pagaiata, sbarco soddisfatta, non troppo stanca, e dentro di me saluto e ringrazio ancora una volta le acque accoglienti del Lago di Castel Gandolfo.
Paola Scaramozzino