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Un fine settimana di sole e di vento
all'Argentario e all'isola del Giglio
18 e 19 gennaio 2003

 

Prima uscita "lunga" del 2003 per il team Canoa Polinesiana - Outrigger del GCR: la meta è il promontorio dell'Argentario a 130 km da Roma in provincia di Grosseto e la prospiciente isola del Giglio. L'obiettivo è duplice: il periplo del promontorio e la traversata - mai compiuta finora da una canoa polinesiana - da Porto Santo Stefano a Giglio Porto.

Si parte molto presto da Roma con un cielo piuttosto nuvoloso che fortunatamente resta dietro le nostre spalle. Arriviamo sulla lunghissima spiaggia della Feniglia inondata da uno splendido sole e sferzata da un venticello freddo e teso e montiamo le nostre due OC4. Tra montaggio, spostamento auto all'arrivo, vestizione, controllo delle dotazioni di sicurezza (razzi di segnalazione, GPS, radio VHF) se ne vanno un paio d'ore ma alle 12.40 siamo pronti per l'imbarco.

Passiamo subito davanti al porto turistico di Cala Galera affollato di barche di ogni tipo e dimensione: evidentemente sono tutte ormeggiate lì dentro visto che in due giorni non ne vedremo in mare neanche una nonostante le ottime condizioni meteorologiche!! Superiamo quindi l'abitato di Porto Ercole, l'imponente Isolotto, Punta Avoltore e dopo un'ora siamo a Punta di Torre Ciana. Dopo una breve sosta in acqua proseguiamo - ora in direzione NE - e costeggiando le alte falesie del promontorio interrotte qua e là da piccole spiaggette superiamo l'Isola Rossa. Alla nostra sinistra si staglia la sagoma dell'isola di Giannutri: le diamo appuntamento per una delle nostre prossime uscite. Ora siamo più esposti al vento quindi si fatica un po' di più e alle 14.40 ci fermiamo al largo di Capo d'Uomo per fare il punto della situazione. Il vento sta rinforzando e il mare che inizialmente era mosso ora è molto mosso: decidiamo di non fare la sosta a terra che avevamo previsto per il pranzo e di proseguire subito per Porto Santo Stefano.

Avanziamo faticosamente controvento e superiamo Cala Piccola, l'isola Argentarola, Cala Grande: una costa bellissima macchiata purtroppo in troppi punti dalla stupidità e dall'arroganza di chi ha voluto costruire fin sulla riva del mare. A Est l'Isola del Giglio, la nostra meta di domani; a Nord la vista spazia verso la costa tirrenica fino a Piombino e all'Isola d'Elba. Percorriamo l'ultimo tratto con il bilanciere esposto alle onde. Superato il faro di Punta Lividonia siamo "quasi" arrivati. Alle 16.10 - dopo 25 km - sbarchiamo a Porto Santo Stefano: fa un freddo cane e tira vento. L'unico vantaggio è che in cinque minuti siamo asciutti: intirizziti ma asciutti!

La serata se ne va tra una cioccolata calda e la cena in trattoria. Per la notte questa volta niente tenda: in cinque ci concediamo il lusso di un camper e c'è addirittura qualcuno che se ne va a dormire in pensione, giustamente sbeffeggiato dal resto della compagnia.

 

Sulla spiaggia della Feniglia prima della partenza

Giulio, Antonello, Betty e Maurizio tra Porto Ercole e l'Isolotto

Lungo la costa occidentale dell'Argentario

 

 

La domenica mattina sveglia alle sette, abbondante colazione e alle 9.40 ci imbarchiamo alla volta di Giglio Porto. La giornata è bellissima, il sole ci scalda, al vento ormai ci siamo abituati. Costeggiamo il promontorio dell'Argentario da Porto Santo Stefano all'isola Argentarola, il punto più prossimo all'Isola del Giglio, dove - alle 10.25 - facciamo una breve sosta prima di intraprendere la traversata. Ripartiamo dopo dieci minuti e ci lanciamo nel mare aperto. Dopo un'ora siamo a metà strada e ci fermiamo per una sosta mangereccia. Alle 11.50 si parte per l'ultimo tratto: l'isola è sempre più vicina, si distinguono facilmente le case, il castello, il vecchio faro... Alle 12.35, dopo 22 km di cui 15,200 di traversata, entriamo trionfanti nel porto. Chi  è già stato al Giglio in estate stenta a riconoscere nell'atmosfera calma di una domenica invernale questa frequentatissima località turistica. Dopo esserci cambiati ci sparpagliamo per le viuzze del paese.

Alle 15.00 ci imbarchiamo sul traghetto che in un'ora ci riporterà a Porto Santo Stefano dove ci attende una bella sorpresa: Flavia, Meri e Chicca del team femminile, dopo averci seguito a nostra insaputa con il binocolo per tutta la traversata , ci aspettano sul molo per festeggiare insieme la prima traversata in canoa polinesiana dall'Argentario all'Isola del Giglio.

 

Prima della partenza da Porto Santo Stefano

Le prime pagaiate verso l'Isola del Giglio
(sullo sfondo)

Valentino, Daniele e Antonio

Valentino e Gianni

La sosta presso Argentarola

Gianni e Maurizio

La sosta a metà strada - Nella foto a sinistra sullo sfondo c'è l'Argentario
in quella a destra l'Isola del Giglio

...ormai è fatta!

Nel porto dell'isola

Daniele e Valentino

Antonello, Giulio, Betty, Maurizio

Gianni, Valentino, Daniele, Antonio

Daniele e Valentino: alle loro spalle il promontorio dell'Argentario

I "mitici 8" sul traghetto durante il viaggio di ritorno
(però quello di andata ci è piaciuto di più)

 

SCHEDA TECNICA

18 gennaio 2003
PERIPLO DELL'ARGENTARIO
dalla spiaggia della Feniglia a Porto Santo Stefano km 25

vento N - NW
mare poco mosso - mosso - molto mosso
cielo sereno
visibilità buona

km

 

ora

tempo

 
0 spiaggia della Feniglia 12:40   imbarco
9 Punta di Torre Ciana 13:40 1 h.00' sosta in acqua 10'
15,5 Capo d'Uomo 14:40

50'

sosta in acqua 10'
25 Porto Santo Stefano 16:10 1 h.20' arrivo

19 gennaio 2003
da Porto Santo Stefano a Giglio Porto km 22
PRIMA TRAVERSATA ASSOLUTA
IN CANOA POLINESIANA

vento N - NW      
mare mosso      
cielo sereno      
visibilità molto buona      

km

 

ora

tempo

 
0 Porto Santo Stefano 09:40   imbarco
6,5 Isola Argentarola 10:25

45'

sosta in acqua 10'
15 "in mezzo al mar" 11:35

1 h

sosta in acqua 15'
22 Giglio Porto 12:35

45'

arrivo

Equipaggi

Tulku: Gianni Montagner, Valentino Romano, Daniele Marsano, Antonio Paolucci
TiriTiriDillì: Giulio Pardi, Antonello Spanu, Betty Bassanelli, Maurizio Vitale
 

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L'Argentario

Monte Argentario era probabilmente in origine un'isola successivamente unitasi alla costa tirrenica tramite i tomboli della Feniglia e della Giannella, formatisi per l'accumulo dei detriti trasportati dai fiumi e dalle correnti marine. La presenza dell'uomo all'Argentario risale ad epoche remote ed è attestata dai numerosi reperti archeologici rinvenuti nella Grotta degli Stretti e in quella di Cala dei Santi.

Per la sua posizione geografica centrale nel Mar Tirreno, l'Argentario fu considerato dai primi navigatori un approdo sicuro e di straordinario valore strategico. Nel corso dei secoli il Promontorio fu munito di torri di avvistamento e di segnalazione per far fronte al costante pericolo di incursioni dal mare tra le quali va ricordata quella del pirata Khair ad Din detto il Barbarossa, che nel 1544 depredò e saccheggiò il borgo di Porto Ercole. Le primissime opere a carattere difensivo risalgono all'età del Bronzo, ma un vero sistema di difesa, che interessasse globalmente la costa del Promontorio, iniziò a prendere corpo solo nel XV secolo, sotto il dominio della Repubblica di Siena. Va comunque agli Spagnoli il merito di avere, in pochi anni, trasformato il Monte Argentario in una poderosa macchina bellica, con un formidabile complesso di fortificazioni per numero e qualità, superiore ad ogni altro consimile esistente in Toscana. Nacque così lo stato dei Presidi, che comprendeva Orbetello, Porto Ercole, Porto S. Stefano e Talamone, ai quali, nel 1602, si aggiunse la piazzaforte di Porto Longone (l'attuale Porto Azzurro), nell'isola d'Elba.

Il Promontorio - interamente montuoso - è caratterizzato da coste alte e rocciose dove cresce spontanea la palma nana ed è ricoperta da una fitta macchia mediterranea che si alterna alle coltivazioni di olivi, di viti e di alberi da frutto. Nei vigneti, faticosamente ricavati terrazzando i fianchi del monte, si coltivano i rari vitigni Ansonico e Riminese. L'economia dell'Argentario, un tempo basata esclusivamente sulla pesca, trova oggi nel turismo la sua principale risorsa.

Come già accennato prima, il Promontorio dell'Argentario era originariamente un'isola che derivava dalla cosiddetta Tirrenide, un blocco unico di terra, in gran parte sprofondato, che comprendeva anche le attuali isole dell'arcipelago toscano. In seguito l'isola fu collegata alla terraferma da due strette bande di terra, dune accresciute dall'accumulo progressivo di sabbia. Esse delimitarono anche uno spazio di mare intermedio, una laguna chiusa dal Monte Argentario, dalle due dune e dalla terraferma. Le dune sono conosciute con il nome toscano di tomboli: il Tombolo della Giannella a nord, e il Tombolo della Feniglia a sud. La laguna intermedia, che prende il nome di Laguna di Orbetello, ha un'estensione di 26 chilometri quadrati e una profondità inferiore ai 2 metri e comunica con il mare attraverso i canali di Nassa e di Ansedonia.

L'Argentario è caratterizzato da un territorio accidentato che raggiunge la sua vetta più alta nel Monte Telegrafo (m 635). E' quasi interamente coperto dalla macchia mediterranea, tuttavia esistono aree dedicate all'agricoltura . Delle due dune, la Feniglia ha conservato per intero la vegetazione ed è coperta interamente da una pineta. E' uno spettacolo suggestivo, quasi tropicale, vedere questa lunga distesa che confina solo con la spiaggia. Mentre i tomboli presentano una spiaggia lunga alcuni chilometri, le spiagge del Monte Argentario non sono ampie. In realtà l'intero territorio della costa è frastagliato e solo talvolta nelle insenature si trovano piccolissime spiagge, la cui origine è nei depositi che i torrenti formano quando sfociano in mare. Un altro aspetto dell'Argentario, non molto noto al turista, è la ricchezza di grotte. Esse si distinguono in base alla natura: le grotte costiere devono infatti l'origine all'azione erosiva del mare, quelle interne dipendono da fenomeni carsici. Data la straordinaria bellezza e la singolarità del paesaggio, non sorprende se la più importante risorsa economica dell'Argentario sia oggi fondata proprio sul turismo.

 

L'Isola del Giglio

L'Isola del Giglio con i suoi 405 metri s.l.m. emerge dal mare di fronte al promontorio dell'Argentario ed è quotidianamente collegata con Porto Santo Stefano da regolari servizi di linea. Nel periodo estivo è collegata anche con la stupenda Isola di Giannutri sua frazione insieme a Giglio Porto, Giglio Castello e Campese. Il suo nome deriva assai probabilmente dalla latinizzazione del greco "Igilion", capra..

L'Isola deve alla sua posizione geografica "strategica" l'origine della sua storia avventurosa e contesa. Già abitata dall'età della pietra e successivamente scelta dagli Etruschi come probabile avamposto militare, il Giglio visse uno dei momenti di maggior splendore sotto il dominio Romano della Famiglia dei Domizi Enobardi, diventando un nodo marittimo fondamentale negli scambi tra le Province dell'Impero.

Numerosi ritrovamenti di asce, punte di frecce, mole per la triturazione, frammenti di ceramica lasciano intendere che l'isola sia stata abitata già dalla preistoria. Relitti di navi trasportanti granito locale per la fabbricazione di ancore rinvenuti intorno all'isola (VI secolo a.C.), fanno pensare ad una frequentazione Etrusca. I Romani probabilmente vi si insediano attorno al III secolo a.C., ma il decollo dell'isola va collocato al tempo della costruzione di una sontuosa villa commissionata dai Domizi Enobarbi (I secolo a.C.), i cui ruderi sono ancora visibili in prossimità del porto. Relitti di navi risalenti all'età imperiale fanno emergere il Giglio come uno snodo sicuramente importante nei traffici con le Province. Tappa obbligata lungo le rotte di collegamento mediterranee, l'isola rimane commercialmente vitale almeno sino al primo Medioevo. Forte e deciso è il potere esercitato dalla Repubblica Marinara di Pisa che, grazie alla fortificazione fatta erigere nel corso dell'XI secolo, mantiene l'effettiva influenza sull'isola fino al XV secolo quando si afferma la potenza fiorentina. Dopo una serie di complessi passaggi - Alfonso d'Aragona, famiglia Piccolomini di Siena, duca di Amalfi, Cosimo I dei Medici, Eleonora di Toledo - il Giglio entra a far parte del Granducato di Toscana. Le singolari vicende dell'Isola annoverano anche una serie di lunghe e terribili incursioni che vanno dai pirati saraceni - notissimo quello del celeberrimo pirata Barbarossa (1544) - alle navi di assaltatori tunisini. L'isola del Giglio è davvero un tesoro tutto da scoprire, l'Isola è la meta ideale per tutti coloro che amano un rapporto genuino con la natura e il rustico ambiente paesano, il mare, le passeggiate, i minerali e lo splendido mondo sottomarino.

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