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XXXVIII DISCESA INTERNAZIONALE DEL TEVERE IN CANOA
DA CITTA' DI CASTELLO A ROMA"
25 e 26 aprile 2017
Ogni anno arriva inesorabile il 25 Aprile, e con esso il dubbio amletico di ogni ponte primaverile: dove andare, cosa fare, quanti giorni di ferie prendere….ma non sempre è possibile partire per mete esotiche. Ma se sei un canoista, non è un problema: come sempre c’è la Discesa internazionale del Tevere, sempre uguale a se stessa e sempre diversa, perfetta allegoria del Fiume, che scendendo si rinnova.
Ogni anno dagli inizi di Aprile se ne comincia a parlare; quest’anno sembra ci siano alcune novità: pochi iscritti in confronto alle ultime edizioni, l’assenza del gruppo storico dei tedeschi, la tappa del lago di Corbara cambiata rispetto alla tradizione-
Ma la novità più importante me l’annuncia la sera prima Carlo Bevicini, guida delle prime tappe umbre “vieni con la canoa un po' più lunga, perché c’è pochissima acqua”.
Ed in effetti cosi è, come noto con stupore alla partenza a Città di Castello, d’altronde questo inverno ha piovuto pochissimo. Invece i partecipanti, contrariamente alla previsione, sono tantissimi, il solito centinaio. E’ vero che molti volti noti mancano (andare alla DIT è come andare a Natale dai parenti: Tizio è arrivato? quando viene Caio?), ma ci sono anche molte facce nuove. Come sempre neofiti, con le attrezzature più improbabili, e canoisti fluviali esperti di qualche club del nord, che vogliono provare un esperienza diversa, meno adrenalinica, ma più di “scoperta”. Le canoe poi sono le più svariate: canadesi, kayak da mare, da fiume, gonfiabili, sit on top e quest’anno anche diversi SUP - ovviamente modelli specifici da fiume.
Noi del GCR siamo in quattro: Paola, Pina, Giovanni di Sardegna II, e Marco. Ma come accade di frequente, facciamo gruppo anche con gli amici del RKM: Azzurra, Ernesto, Vincenzo. Tutti abbiamo intenzione di fare un paio di tappe: le prime sono normalmente le più mosse, quindi di maggiore attrazione per i canoisti fluviali. In realtà quest’anno, l’acqua è veramente poca. Questo fa sì, insieme a problemi organizzativi, che ci si imbarchi a valle della rapida chiamata Canonica, un km circa più a valle dell’imbarco solito, tradizionalmente presso la sede del Canoa Club Città di Castello. La rapida di fatto è irriconoscibile. Anche le altre rapide che incontriamo e che in alcune condizioni possono arrivare al terzo grado, quasi non arrivano neanche al secondo. Effettivamente il fiume non spinge tanto che si fa una grande fatica nei tratti piatti: 30 km non sono pochi in queste condizioni. Comunque qualche tronco in mezzo al fiume crea lo stesso qualche difficoltà ai canoisti principianti. In effetti qualcuno va a bagno, subito recuperato dall’onnipresente Carlo. Mi sono chiesta spesso come faccia a dichiarare di chiudere il gruppo e contemporaneamente a fare sicura nei passaggi critici.
In realtà ad aiutarlo c’è anche Lanfranco, che riesce a manovrare la sua canadese come molti di noi non riescono a fare neanche con il kayak. E contemporaneamente conversa amabilmente come durante uno “struscio” sul corso.
Gli ultimi 5 km sono una sofferenza, l’acqua è ferma come in uno stagno, a causa della prossima diga di Umbertide. L’acqua sembra anche sporca, ma in realtà è solo l’effetto di accumulo di pollini, alghe e altro materiale organico nell’acqua stagnante. Arriviamo a Umbertide alle sette, dopo sei ore di pagaiata. Dopo lo sbarco lasciamo i kayak nei pressi della casa della signora Rosa, dove li riprenderemo l’indomani. Umbertide è una cittadina medievale, circondata da mura, e caratterizzata dai resti di un castello. Negli ultimi decenni è stata anche sede di diverse industrie manifatturiere, favorite dal terreno pianeggiante e dalla vicinanza del fiume. La maggior parte dei partecipanti sceglie di dormire in un centro polifunzionale del comune di Umbertide, una struttura avveniristica di vetro e metallo, in realtà molto ospitale. Al secondo giorno di discesa già iniziano le prime defezioni: qualcuno parte, qualcuno opta per percorrere la tappa in bici, qualcuno si riposa dopo gli sforzi del primo giorno. La DIT è cosi, ogni giorno qualcuno va e qualcuno arriva. Come in una piazza di paese. La “partenza” della giornata è tosta: colazione da Rosa a base di braciole, salsicce, bruschetta, crostate e vino a fiumi. Alle 12 finalmente ci si imbarca a valle della Diga. Anche oggi sono previsti 30 km. Qualche curva brusca con rami sporgenti, causa qualche difficoltà, ma nel complesso tutto fila liscio e con pochi bagni, anche perché quest’anno non c’è Nazareno a immortalare i poveri bagnanti con foto impietose. Spesso ci fermiamo ammirati a vedere passare i SUP. Con questo tipo di imbarcazioni anche queste mini-rapide sono veramente difficili: i nostri temerari amici le affrontano in ginocchio e spesso passano indenni. La preoccupazione dei più è il tempo: stasera vorremmo sbarcare prima, ma l’acqua non spinge e i km sono tanti. Spesso capita di doversi trascinare sui sassi su cui ci si arena; non mi ricordo che capitasse così spesso gli scorsi anni.
Verso la fine della tappa c’è un’altra diga da trasbordare. La fatica accumulata non aiuta, ma ci organizziamo con una catena umana: chi tira su i kayak, chi li cala dall’altra parte, e tutto si svolge senza intoppi.
La seconda tappa finisce a Pretola, un borgo che in realtà fa parte del comune di Perugia.
E’ caratterizzato da un vecchio mulino, alimentato dalla turbolenza dell’acqua che scorre sui sassi, da cui deriva il nome della località. Subito dopo la rapida, si sbarca.
Presso i locali della Proloco ceniamo con ottimi prodotti locali. Dopo cena saluti e baci. La nostra DIT quest’anno finisce qui. Ci rivediamo il prossimo anno, tanto qualche tappa si fa sempre. Magari, perché no, anche in bici.