www.gruppocanoeroma.it > Canoa Fluviale


FIUME SILE
da Badoere a Mestre

2 e 3 giugno 2022

 

Il Sile è il più lungo fiume di risorgiva d’Europa e scorre interamente in Veneto. A percorrerlo in kayak ci pensai quando lo discesi parzialmente l’anno scorso facendo un tour in bicicletta e mi piacque molto per le sue acque pulite, in quanto ricco di avifauna, perché c’è una florida vegetazione, è ben curato e per lunghi tratti poco antropizzato.

Quello che mi attrasse è l’atmosfera placida ed elegante che emanano questi luoghi e per il carattere delle sue genti che, se sulle prime sembrano un poco diffidenti e poco disponibili, poi al contrario si dimostrano generosi e propensi ad aiutarti.

Quest’anno con l’ occasione della 46a Vogalonga (alla quale volevo assolutamente partecipare) mi sono deciso a concretizzare questa mia idea e concatenare così le due cose.
Avevo cominciato cercando informazioni e relazioni di gite che ne spiegassero la navigabilità ma, a parte qualche traccia GPS della parte alta e qualcosa di quella bassa non ne ho trovate.
Facendo un ampio giro di telefonate,  contattando varie persone ed associazioni e club locali sono riuscito piano piano, tassello dopo tassello a mettere insieme il quadro della situazione.

Fondamentalmente ognuno mi raccontava il ‘’suo’’ tratto di Sile, ma per ciò che riguardava gli sbarramenti artificiali che vanno aggirati nel tratto a monte di Treviso non riuscivo a saperne molto.
Mi sono riguardato le immagini satellitari  degli sbarramenti e le mappe online più e più volte, cercando di capire come aggirarli, con il fardello del mio kayak.

Due delle persone contattate vagheggiando un poco mi avevano detto che si poteva fare anche se non spiegandomi chiaramente come. Nonostante i miei dubbi e timori, ero comunque deciso ad andare magari il giorno prima in prescout, per verificare da me i vari sbarchi ed imbarchi.

La mia perseveranza è stata però premiata, quando all’ultimo parlando con il titolare di un noleggio canoe dopo Treviso, questi mi suggerisce di chiedere informazioni ai ragazzi di Ozone Kayak che hanno il negozio proprio a Quinto di Treviso e praticano il fiume.
Chiamo, mi presento, e parlo con Guido Stecker al quale racconto la mia idea e che, molto generosamente,  si offre nella sua pausa pranzo di accompagnarmi agli sbarchi per mostrarmeli: un aiuto fondamentale per la riuscita della mia escursione. Mi ha risparmiato lunghe ricerche e mi ha dato utilissimi consigli. Grazie Guido!

Raggiungo allora Badoere e presso il ponte dei tre confini monto l’accampamento ed aspetto la mattina dopo.

Alle prime zanzare mi riparo in tenda, dopo però aver fatto visita ad una famiglia di nutrie alla quale avevo imposto loro malgrado la mia compagnia. La mamma quando si accorge di me scappa ma i tre cuccioli invece restano li a guardarmi incuriositi in piedi sulle zampette posteriori continuando a sgranocchiare non so cosa.

La mattina presto mi imbarco, il fiume qui è particolarmente stretto, il livello è basso anche a causa della penuria idrica di quest’anno, più a monte non avrei potuto farlo.

Le prime pagaiate sono tese, mi sento insicuro, per me è la prima esperienza del genere, mi faccio coraggio e procedo senza grattare il fondo, mi immergo presto nel contesto e comincio a godermi il fiume.

In breve l’acqua sale, ci sono molte immissioni da canali laterali. Il fiume è proprio bello, mi sento isolato da tutto, le case non si vedono, procedo tra file di rovi e boschetti di pioppi. 
Comincio a vedere i primi uccelli acquatici che con i loro pulcini saranno la costante di tutto il viaggio. Ne ho visti a centinaia di varie razze e colori, alcuni poi ancora piccolissimi. Ho visto le folaghe covare su mini isolette ed altre che raccoglievano materiale da costruzione per nidi. Ho cercato sempre di procedere con discrezione per non disturbare, non sempre ci sono riuscito, qualche volta c’è stato il fuggi fuggi generale, me ne sono rammaricato.

Guardare queste scene di vita famigliare è stato bellissimo. Poi c’erano i cigni…tanti cigni. Guido me ne aveva parlato, questi quando sono in cova o hanno i pulcini sono molto territoriali e particolarmente aggressivi. La femmina si apparta ed il maschio invece ti fronteggia, muove prima la coda nervosamente, poi si gonfia e sibila;  apre le ali e si prepara così ad attaccare. mi dicono che più di un canoista è finito in acqua perché il maschio ti vola addosso e ti urta con tutto il suo peso. Questi del Sile poi, non so se per mia soggezione, ma mi sono sembrati pure più corpulenti dei nostri. Alla fine dei due giorni, nonostante le ripetute minacce e gli spaventi vari ne sono uscito sano.

Il Sile non presenta tratti tecnici e non ci sono rapide, le sue acque hanno generalmente poca spinta.  Non va comunque sottovalutato perché, soprattutto nel tratto a nord di Quinto di Treviso, non è molto largo, ci sono molte piante acquatiche a pelo dell’acqua, gli sbarchi sono pochissimi e le sponde sono invase di rovi senza contare che potrebbero  esserci alberi caduti. In caso di ribaltamento quindi si potrebbero creare situazioni di difficoltà se non di pericolo.

Durante tutta la discesa ci sono 6 sbarchi da fare per bypassare vecchi mulini, centrali elettriche e quant’altro l’ultimo passata Treviso.

Affronto il primo sbarramento (ex mulino) a valle di Morgano, facile sbarco a destra appena prima dello scivolo, si cammina poco e si ripagaia fino al lago alto di Quinto di Treviso dove si sbarca nuovamente. Carico la canoa sul carrellino e mi metto in strada verso il lago basso, è meno di un chilometro. Mi imbatto in una vecchina che sulle prime mi guarda sospetta, le chiedo di un bar per un caffè: me lo indica, ed una volta incamminatomi lei alle mie spalle mi chiama e mi chiede se voglio lasciare il kayak in custodia nel suo giardino mentre  sono al bar. Declino l’offerta e la ringrazio. Consumata la rapida colazione mi imbarco nuovamente.

Mentre pagaio verso l’atra sponda del lago basso dove c’è l’atro sbarramento (depuratore) vedo un pontile enorme in legno che entra in acqua con due file  parallele di luci accese, mi domando a cosa possa servire… sento un frastuono clamoroso ed un Ryanair mi plana sopra la testa; è l’aeroporto di Treviso.

Il trasbordo qui è complicato dal fatto che bisogna sollevare la canoa carica e da solo non è semplicissimo. Un attimo prima dello sbarramento c’è una bassa palizzata sula sinistra. che è l’unica possibilità. Trovo un pescatore proprio sul posto che scocciato dalla mia presenza, leva le canne e si sposta, non senza farmelo pesare comunque, io mi scuso. Nello sbarco traccheggio colpevolmente un poco, lui vede che ci metto troppo e si offre suo malgrado di aiutarmi  (psicologia spicciola). Mettiamo la canoa in acqua subito dopo, io poi proseguo la mia discesa e lui torna alla sua pesca.

Dopo poco c’è lo sbarramento di Ponte del Leone, quello più temuto potenzialmente pericoloso: l’ultimo fino a Treviso.

Un attimo prima di questo sbarramento c’è tra due case uno scivolo. Con le condizioni da me trovate è stato semplice sbarcarvici sopra, calare il kayak con una corda giù per la cementata ricoperta da un morbido ‘’vellutino’’ di piante, per poi scendere e per rimontare a bordo. Questo scivolo è fondamentale, appena oltre c’è un ponte basso, l’acqua prende velocità ed il saltino che segue non sembra assolutamente fattibile.

Fino a Treviso è ormai una passeggiata, il fiume si è nel frattempo fatto più grosso, scorrendo placidamente tra le belle ville del lungo fiume.

A Treviso sono sbarcato presso i canottieri del Sile, se fosse chiuso il circolo ho visto comunque varie altre possibilità.

Qui una gentilissima socia mi invita a lasciare li le mie cose e si offre di accompagnarmi in giro per la città per mostrarmi quello che pensava fosse possibile scendere in canoa… ma che possibile però non era.

L’unica soluzione è quindi quella di camminare fin oltre il ponte della ferrovia e calare con il carrellino e la corda giù dal ripido pendio erboso la canoa oppure comodamente in due persone.

La passeggiata con la simpatica signora non è stata affatto spiacevole, mentre mi raccontava della sua pena al non vedere più al circolo quei suoi amici con i quali aveva iniziato a remare, o perché ormai troppo in là con gli anni o perché trapassati

Lungo il percorso si è salutata con mezza Treviso ed io pure insieme a lei, ho potuto così conoscere il figlio dell’inventore del tiramisù e stringere la mano di un oro olimpionico di canottaggio di qualche decade addietro.

Torniamo al circolo, monto il carrellino e conciato “strano’’ mi attraverso Treviso con cinque metri abbondanti di kayak, tra chi mi fissa curioso e chi mi  viene a raccontare che una volta la canoa l’aveva presa pure lui, ma forse era un rafting, non si ricordava mica bene.

Riprendo la navigazione, passo l’ospedale e dopo poco mi attende l’ultimo sbarco con conseguente camminata fin oltre l’ultimo sbarramento… ormai tra me e Venezia non ci sono più ostacoli. Rientro da una pedana galleggiante, passo il cimitero delle vecchie barche in legno che in passato risalivano il fiume e rifornivano la città, queste ormai marce fanno da substrato per piante e fiori,

Il Sile si allarga sempre più e si popola di barche a motore che risalgono controcorrente, rientrano al loro porto fluviale. I piloti sono educati quando mi incrociano rallentano e mi salutano.

Finisco l’acqua, ho sete e sono pure affamato. Poco prima di Casale sul Sile scorgo un anziano seduto per fatti suoi sull’alzaia, lo passo poi ci ripenso, retropagaio lo saluto e gli chiedo se a Casale trovo una fontanella, lui in risposta mi tende un sacchetto di ciliegie (del suo albero mi dice), ma io sono quattro metri più in basso di lui, declino, ringrazio e proseguo. A Casale mi lancio in un bar, mi tracanno in pochi sorsi una 33 e mi ingoio una  pizzetta riscaldata quasi sana.

Riparto ormai stanco cercando dove campeggiare e dopo un paio di chilometri trovo il posto perfetto.

Sulla sponda l’erba è tagliata da poco, il terreno pianeggiante, un maestoso salice a protezione e per gradire uno scivolo pulito per sbarcare.

Sopra il mio accampamento c’è la villetta di coloro che hanno pulito la sponda, io li sento, ma loro non mi possono vedere, per educazione mi decido a presentarmi e ringraziarli per l’ospitalità. Sulle prime lui mi guarda male, lei invece si preoccupa del mio vettovagliamento ma le dico che per la cena sono a posto ho il fornelletto, mi indicano una fonte e prima di tornare nel mio rifugio lui si mostra seriamente preoccupato per le mie necessità di caffè mattutine….ne ho gli dico, ho il fornelletto, mi ripeto.

Mi congedo, sono stanchissimo e mi addormento tra una confusione di uccelli vari che si parlano fitto fitto.  43Km per 10 ore di attività varie i dati della giornata.

 

Il secondo giorno riparto di buona ora consapevole che Mestre non è dietro l’angolo, il Sile da qui in poi è sicuramente meno pulito e le sue  sponde molto più sfruttate, ma comunque il fascino resta. Supero Quarto d’Altino e mi avvio verso la conca (chiusa) di Pontegrandi.

Supero una barca turistica ormeggiata piena di ragazzi e di genitori con la suora capogita che al microfono ed a squarciagola recita preghiere e “pompa’’ i suoi accompagnati infondendo allegria. Stanno quasi per salpare, destinazione la laguna immagino. Telefono al manovratore della chiusa e mi risponde una donna dell’est, mi offre di passare insieme al barcone di cui sopra ed al motoscafo che poco prima quasi mi fa una doccia e mi cappotta, ringrazio, declino e mi offro di passare da solo alla seconda apertura. Sbarco e dalla strada mi godo il funzionamento della chiusa e del ponte levatoio stradale. Sulla barca l’entusiasmo dei merenderos è al massimo, decine di manine che fanno ciao e la suora che tra le altre cose grida viva noi tra il giubilo generale.

Quando viene il mio turno, passo la chiusa emozionato (è la prima volta) e durante le operazioni di svotamento ed apertura la manovratrice  mi racconta della sua esperienza in Veneto. Finite le manovre ringrazio e saluto.

La chiusa di Pontegradi apre al canale del Silone, un canale navigabile che arriva a Torcello e Burano, è una porta alla laguna.

L’ambiente naturale cambia radicalmente, le sponde sono ora fatte di limo, gli argini sono protetti da sacchi di rete con dentro pietre e il tutto è consolidato con delle piantine tipo canne che hanno la funzione di compattare il limo stabilizzandolo e permettere poi una successiva colonizzazione da parte di altre piante.

Sono in laguna. Arrivato a Torcello gironzolo a caso tra i canali con le case ed i giardini ben curati. Incrocio diverse comitive di kayakers stranieri, mi chiedono dove possono sbarcare…mi scuso ma sono forestiero anche io, c’è aria di Vogalonga ormai.

Riesco a sbarcare solo a Burano e su consiglio dei netturbini di laguna, lego la canoa ad un barcone ormeggiato. Pranzo, abbondantemente, mi riposo e poi riparto verso Murano che attraverso passando per dei canali trafficati. Proseguo oltre e taglio la laguna evitando di avvicinarmi troppo alle “strade acquatiche”,  i battelli correndo alzano una discreta onda. Girare qui richiede un po' di attenzione, in alcuni punti il fondale è veramente basso e si rischia di impantanarsi. Continuo ad incrociare  comitive multilingue di canoisti, l’ambiente della Laguna di Venezia è incredibile.

Rapido sbarco a Campalto e poi mi dirigo verso lo sbarco finale di Passo Campalto a Mestre dove però mi attendono 2,5Km da fare a piedi trainando il kayak. Arrivo al campeggio soddisfatto ma sfinito. Doccia calda e cena completa al ristorante (me la sono guadagnata). Il giorno dopo devo andare a riprendere l’automobile che poi dopo due giorni sarà  Vogalonga... ma questa è un’altra storia! Tappa di giornata Km 39 

Stefano Farkas

Guarda su GoogleEarth

Primo giorno

Secondo Giorno

Guarda su Wikiloc

Primo giorno

Secondo Giorno

 

Primo giorno
   
     
     
     
     
     
     
     
     
   
Secondo giorno
   
     
     
     
     
     
     
     
     
     
     
  Foto di Stefano Farkas  

 

Torna indietro

 

Home

Privacy e Cookie Policy