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UNA
DOMENICA SUL FIUME
ANIENE
25 marzo 2013
E il
Velino? No, il Velino non si fa, “accidenti” fa Nino, “ci avevo fatto la
bocca”. “Quasi quasi pure se piove mi metto li con il Camper e lo scendo da
solo” – continua.
“dai Nino” – faccio io, “domenica prossima ci rifacciamo con l’Aniene a
Subiaco”; e poi parto e vado fuori Italia.
Inviati i
messaggi di rito per convocare i soci, cominciano ad arrivare le disdette, alla
fine il gruppo si compatta; quanti siamo? Cinque in tutto.
Nino non ce la fa ad aspettare domenica e sabato sera è già su col camper. Lo
chiamo, non è sereno.”Guarda che l’Aniene così non lo avevo mai visto, ci sono
tre salti ragguardevoli e manco una morta!”. Il vero neofita è Marco e decido
che non è il caso di fare provare “la prima” al campo slalom di Subiaco, magari
scendiamo più a valle dove so che è sicuramente più tranquillo. Lo chiamo, lo
avviso, è determinato a vedere con i suoi occhi e anche solo a fare una
passeggiata. Bene parlo con le indomite signore Paola e Roberta e loro sono
sicure, si va. Appuntamento ore 10:30 al campo slalom.
Domenica
mattina sulla via, ancora in macchina, chiamo la “sentinella del fiume” Nino per
avere aggiornamenti e mi avvisa che Marco ha rinunciato dopo aver sentito i
racconti terrificanti di Nino sullo stato dell’Aniene. Avevo già il backup in
mente se veniva Marco: dopo un’occhiata a Subiaco saremmo scesi più a valle in
un tratto tranquillo, ma è troppo tardi, Marco sta andando al Lago a riporre la
canoa. Se prima eravamo in 5…. ora a ballare siamo in 4 più la dolce Marina che
accompagna Nino.
Ad una prima occhiata il fiume sembra più abbordabile, sarà perché di notte
tutto è più scuro e tenebroso…
I compagni di avventura, tranne Nino, sono meno convinti proprio perché ora vedono cosa li/le aspetta. Cerco di fare del mio meglio rassicurando e dopo innumerevoli trattative sull’itinerario si decide di fare scuola al campo slalom e poi di arrivare massimo al Ponte di San Francesco (meno di 2 KM dalla partenza).
Dopo un
minimo di auto training ci imbarchiamo in acqua calma e ci riscaldiamo andando
controcorrente verso il “furione” della ex-cartiera, poi cominciamo a cimentarci
con le porte iniziali, andando in circolo a favore e controcorrente, dando
“pancia” e facendo appoggi e agganci… una bella ripassata.
Poi cominciamo a scendere e l’acqua è un pochino più mossa con un bel ingresso
laterale che incute timore e impedisce alle “ragazze” di trovare una morta
serena e quindi ancora giù per un altro livello fra le porte in acqua mossa.
Perbacco, nessun bagno, tutti indenni. Giusto Nino che ha scherzato da vicino
con un rullo ha tirato un mezzo eskimo ed è venuto su brillantemente.
La discesa, ora che siamo riscaldati, è piaciuta ed io consiglio di proseguire ordinatamente, ma Roberta è contenta di aver passato il tutto senza problemi e lo vuole rifare daccapo. Il campo slalom consente anche questo, ti fermi dove vuoi (più o meno) e torni indietro canoa in spalla. Io aspetto e cerco di filmare quello che posso. E’ uscito un bel sole caldo ed invitante.
Scendono una dopo l’altra. Dopo il primo salto vedo Paola che cerca di fermarsi in una morta, poi ci ripensa, …fatale! Un attimo e il bagno è assicurato, il secondo gradino si fa a bagno. La seguo mentre Nino ci aspetta a valle. Si ferma praticamente da sola e atterra in sicurezza. Non riesco a filmare Roberta che scende come un siluro… troppo veloce…. si incolla alla massicciata in curva. Muscoli di acciaio, una mano alla pagaia ed una avvinghiata alla copertura in fil di ferro della massicciata. La corrente le passa sotto veloce e un po’ inquietante. La vedo. Non è tranquilla. Risalgo la corrente mi affianco e poi mi sposto sull’altra riva per invogliarla a fare un traghetto. Penso di riuscire a vincere la sua inquietudine ed evitare che rinunci sbarcando. Ha timore di mollare la massicciata. Nel frattempo Nino ha completato il recupero di Paola e vedo che va da Roberta. Il mio tentativo psicologico è finito. Sbarcherà. Sbarco allora anche io traghettando di nuovo sull’altra riva.
Ci si consulta e si capisce che solo io e Nino proseguiremo, con assistenza da terra.
Iniziazione alla corda da lancio. Paola sembra più consapevole del lancio, Roberta un poco meno. Spiegazione tipo bignami (tanto so che non servirà ma è comunque importante).
E si va. “Vai tu Nino?” “No, vai tu che conosci meglio il fiume” e allora vado. Ho già visto dall’alto il primo scivolo e ho visto pure che “tiene” se ci arrivi lento con la barca corta (Nino con la Vector non avrà problemi).
Scorgo l’uomo, pardon, la donna con la corda in posizione non corretta, comunque ci siamo e mi tuffo con una certa energia (pure troppa); lo schiaffo d’acqua che ricevo mi sposta una lente a contatto in modo fastidioso, ma raggiungo subito una bella morta dietro ad un sasso. Nino mi segue e sembra non avvertire neanche il minimo risucchio, vola sull’onda.
L’ultimo salto ha più acqua ma avevo già controllato che non trattiene, è solo divertimento puro di onda. Vado giù contento come un bambino e ridendo fra me mi giro un attimo e decido di proseguire e godermela tutta in solitario fino a san Francesco. Scoprirò di essere molto più veloce di una persona che corre a piedi cercando di acchiapparmi.
Ci ritroviamo tutti ed ora anche le signore vorrebbero scendere ma è tardi, sono le 2.00 e rischiamo di non mangiare. La pancia prevale e dopo un po’ ci ritroviamo con le gambe sotto al tavolo a mangiare delle ottime fettuccine con asparagi e pancetta e pensiamo alla prossima uscita.